“PlasticOcene: l’antropizzazione del mare”: un successo di sensibilizzazione ambientale
Si è conclusa il 30 aprile 2024 con successo la mostra “Plasticocene: l’antropizzazione del mare”, ideata dall’artista Elisabetta Milan e ospitata dal 23 marzo presso le sale espositive di Palazzo Elti: evento, questo, che ha rappresentato un importante momento di riflessione e sensibilizzazione sui temi dell’inquinamento marino e dell’uso consapevole della plastica.

Il progetto
Il progetto si inserisce nel Decennio per gli Oceani 2020/2030 indetto dall’ONU, mettendo in luce il ruolo fondamentale del mare per la vita umana, dalla produzione del 50% dell’ossigeno grazie al plancton alla necessità di preservare l’ecosistema marino.
La mostra, realizzata dall’artista con il supporto scientifico del WWF Area Marina Protetta di Miramare e di partner come l’OGS Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale e Marevivo Delegazione FVG, l’esposizione ha trattato diversi argomenti cruciali:
- Origine e Differenziazione della Plastica
- Raccolta, Riuso e Riciclo
- Isole di Plastica e Plastisfera
- Tropicalizzazione del Mar Mediterraneo
Questi gli argomenti presentati con le installazioni realizzate con materiali recuperati dal mare, come reti fantasma e boe, accompagnate da pannelli informativi scritti con il contributo dei biologi del WWF AMP Miramare.
Queste opere hanno fornito un potente messaggio visivo sull’impatto della plastica sull’ambiente marino, segnali forti di una realtà come non dovrebbe essere.

La montagna che si preoccupa del mare
In poco più di un mese la mostra ha attratto quasi un migliaio di visitatori di tutte le età: un progetto attrattivo per le sue tematiche, attuale e di grande importanza.
L’esposizione ha sottolineato come il mare non sia una realtà a sé stante: tutte le azioni umane portano alle acque e quindi agli oceani.
Gemona del Friuli, una città ai piedi delle montagne, ha capito l’importanza di questo e ha ospitato con piacere la mostra e le opere di Elisabetta Milan, con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione e ricordare a tutti che “il mare comincia da qui”, come da frase posta sui tombini del centro in occasione dell’esposizione.

L’artista e le opere
L’artista Elisabetta Milan ci ha raccontato le opere da lei realizzate ed esposte in mostra. Di seguito vi proponiamo quindi un viaggio attraverso le installazioni di PlasticOcene, guidato dall’artista stessa.
“Mi chiamo Elisabetta Milan, sono un’artista molto legata al mare, che rappresenta un elemento imprescindibile della mia vita. Nel 2020 ho fondato il progetto PlasticOcene per unire arte e scienza allo scopo di informare, divulgare e sensibilizzare i cittadini al rispetto e alla salvaguardia del mare, soprattutto dall’inquinamento da plastica, attraverso grandi installazioni artistiche.
All’interno del progetto troviamo la mostra itinerante “PlasticOcene- l’antropizzazione del mare”, che è stata ospitata da moltissimi comuni. Una mostra che di volta in volta si arricchisce di pannelli e di nuove installazioni.
PlasticOcene rappresenta il momento storico in cui stiamo vivendo, in cui la plastica, elemento materiale inventato da neppure 100 anni, sta invadendo ogni ambito delle nostre vite, dei nostri ambienti e delle nostre attività.
Quando PlasticOcene viene ospitata da un Comune, solitamente propongo l’idea di collocare una targa simbolica sui tombini principali della cittadina per ricordare che il mare inizia già dalle nostre abitudini quotidiane: il mare inizia da noi. Infatti, su questa targa troviamo l’iscrizione “Non gettare nulla, il mare inizia qui”, perché se gettiamo qualsiasi elemento plastico o rifiuto, pensiamo a un mozzicone di sigaretta, nel tombino, questo può arrivare al mare ed entrare nella catena alimentare dei pesci e di conseguenza dell’uomo stesso.”
Meduse

Questa installazione rappresenta una famiglia di meduse “aliene”, create con tantissima plastica recuperata dal mare, dalla città, dalle spiagge: boe, reti, galleggianti, tubi corrugati, fili elettrici. Queste meduse ci parlano di un mare che sta cambiando, di un mare che si sta tropicalizzando, di un mare sempre più gelatinoso. Purtroppo, il nostro mare sta mutando, a causa dell’innalzamento della temperatura, dei cambiamenti climatici, della sovra-pesca, dell’inquinamento, dell’arrivo di specie aliene. In realtà osservando queste meduse ci rendiamo conto che la vera specie aliena è proprio la plastica, prodotta dall’uomo da neppure 100 anni, specie da cui quotidianamente gli esseri marini si devono difendere, perché purtroppo spesso questi elementi plastici ne causano la morte per soffocamento, intrappolamento o falso senso di sazietà.
Ognuna di queste meduse rappresenta l’ingombro ovvero il consumo di bottiglie di plastica prodotte da 4, 3, 2 e una persona nell’arco di un mese.
“Ognuno di noi si può immedesimare in una di queste meduse e capire che nel nostro piccolo possiamo fare tanto cambiando le nostre abitudini quotidiane, migliorandole in questo caso utilizzando all’interno delle 3 R quella che indica la parola “riduci”. Come possiamo ridurre la plastica? Possiamo bere l’acqua dalle bottiglie in vetro, possiamo bere l’acqua dal rubinetto, prenderla alla casetta dell’acqua.“
Tondo

Questo tondo rappresenta l’ingrandimento di una goccia d’acqua vista al microscopio. Spesso ciò che è importante per noi è anche invisibile, e ho pensato che fosse davvero riduttivo parlare dell’acqua come un liquido trasparente, incolore e inodore. L’acqua rappresenta molto di più: un liquido amniotico primordiale da cui tutto ha avuto origine, da cui la vita ha avuto origine. All’interno di una semplice e banale goccia d’acqua c’è un mondo, un mondo fantastico fatto da tantissimi elementi e forme fantastiche, uniche e astratte denominate plancton, che assieme al verde di mare è responsabile del 50% dell’ossigeno che noi respiriamo.
Canoa

Questa installazione ci parla di una canoa, ovvero di un’apertura, un varco, verso una doverosa visione ecosostenibile legata a un’economia circolare. Questa canoa di legno iroko è stata realizzata da uno degli ultimi maestri d’ascia veneziani secondo una tecnica molto antica che oggi purtroppo si sta perdendo, poiché la maggior parte delle imbarcazioni sono realizzate in vetro resina. Questa canoa naviga su un mare apparentemente pulito, trasparente, e in realtà è un mare che si sta plastificando, un mare che tende a rassicurare le nostre coscienze, soprattutto le coscienze dei paesi “sviluppati”, in cui il problema riguarda essenzialmente le micro e nano plastiche, che spesso sono invisibili a occhio nudo.
Queste reti, che ci raccontano il mondo delle reti fantasma (purtroppo il 20% delle reti presenti in mare sono state proprio abbandonate e diventano reti fantasma, continuando a pescare in modo passivo), portano al loro interno molte macro plastiche che invece ci raccontano dell’ingombro della plastica prodotta dai paesi in via di sviluppo.
L’occhio realizzato a prua ci racconta di una tradizione molto antica che risale agli antichi egizi, pensiamo all’occhio di Horus, tradizione che poi troviamo anche all’interno della cultura greca, fenicia e romana. In tempi antichi l’occhio aveva una funzione apotropaica, ovvero doveva proteggere l’equipaggio da nemici, tempeste e pirati.
Oggi questi occhi li ritroviamo ancora sui nostri bragozzi, pensiamo alle nostre località marine e ai nostri porti, e su questi bragozzi molto antichi, lignei, spesso dalle vele colorate, troviamo l’occhio che ancora oggi va a proteggere i navigatori, i pescatori e dovrebbe anche indicare la zona più ricca di pesce per far tornare il pescatore a casa con un ricco pescato. Purtroppo oggi questi occhi vedono troppa plastica in mare, e poco pesce.
La zuppa è servita

“La zuppa è servita”: questa installazione è una grande pentola che rappresenta il nostro Mar Mediterraneo.
In un importante articolo scientifico comparso per la prima volta nel 2016 il nostro Mar Mediterraneo è stato chiamato “The mediterranean plastic soup”, in relazione all’alta concentrazione di microplastiche pari al 7% per un mare molto piccolo che rappresenta nemmeno l’1% della superficie marina globale, eppure molto ricco di microplastiche.
All’interno della zuppa compare un ingrediente molto importante, costituito dalle code di tonno rosso, specie protetta oggi a rischio di estinzione.
Mangiamo ciò che laviamo

L’arte rappresenta davvero un mezzo privilegiato per portare messaggi di cambiamento, di informazione ma anche di positività. L’arte rappresenta lo specchio del nostro tempo e delle problematiche contemporanee.
In questo caso, come possiamo tradurre dal punto di vista artistico il problema legato ai lavaggi del materiale sintetico, che produce il 30% delle microplastiche presenti in mare? Ho tradotto il problema delle microplastiche attraverso questa grande installazione intitolata “Mangiamo ciò che laviamo”. L’installazione rappresenta un polpo i cui tentacoli escono dall’oblò di una lavatrice. È stata realizzata con una grandissima rete, di 100 metri, abbandonata, risalente agli anni ’70, anni in cui serviva per pescare le orate oggi allevate in acquacoltura.
Come i tentacoli del polpo escono dall’oblò, così dalla lavatrice stessa escono le microplastiche che derivano dai lavaggi sintetici, che entrano in mare entrando a far parte ovviamente della catena alimentare dei pesci e dell’uomo stesso.
Obiettivo 14

Questo totem ligneo bicolore ci parla di un obiettivo importantissimo, il numero 14, relativo all’Agenda 2030 dell’ONU. Infatti, nella parte superiore troviamo il famoso Cifra 3, orologio della Solari, fermo al 2030. Nel 2030 dovremo aver portato a termine questo importante obiettivo, che ci parla di come conservare e utilizzare in modo sostenibile oceani, mari e risorse marine.
Vogliamo un mare infernale, surriscaldato o un mare restaurato, sano e in salute?
PlasticOcene

PlasticOcene, una grande matassa fatta da una moltitudine di fili azzurri in polipropilene monouso, che ci raccontano di un mare informe, arrabbiato, di un macrocosmo in cui si riflette l’uomo microcosmo.
Al centro troviamo una serie di oggetti che ho ritrovato su spiagge, che ci parlano di come il mare in realtà inizi già da noi, dalle nostre città, dalle nostre case e abitudini quotidiane.
Purtroppo l’80% della plastica presente in mare ha origine terrestre. Tutto ciò che immettiamo nell’ambiente ci torna indietro con effetto boomerang.
Al centro troviamo un’urna cineraria con una carta di credito dal peso di 5 grammi, che rappresenta la quantità di plastica che ingeriamo settimanalmente secondo uno studio realizzato dal WWF nel 2019 assieme a un’importante Università australiana.
Nautilus

Il nautilus rappresenta una sorta di fossile del futuro, infatti ci richiama alla mente la forma dell’ammonite, il nostro DNA, i polpastrelli, le galassie, la chiocciola della lumaca, una forma organica molto cara all’uomo, una forma che da sempre è presente all’interno della vita umana.
Al centro del nautilus troviamo impresse tracce di plastiche dalla vita molto breve, in quanto la plastica nasce come materiale pressoché eterno, solo che l’uomo dimentica nel corso della storia cosa fare di tutta la plastica che viene prodotta.
Questi oggetti quotidiani dalla vita molto breve al centro del nautilus stanno entrando in mare. Il mare vorrebbe e potrebbe ripulire il tutto, è solamente l’uomo a dover aprire la strada verso questa visione sostenibile capendo che alla natura basta davvero poco per rigenerarsi rispetto a quello che viene chiesto.
“Noi non vogliamo demonizzare la plastica ma utilizzarla in modo più consapevole attraverso le 3 magiche R che oggi sono diventate 5: riduci, ricicla, riutilizza, recupera e raccogli.“
I dipinti

I dipinti presenti in mostra ci raccontano dei nostri giardini di mare e delle nostre trezze, delle oasi di biodiversità che troviamo all’interno del Golfo di Trieste, circa 250 affioramenti rocciosi che rappresentano dei veri e propri serbatoi di biodiversità. Questi dipinti ci raccontano di fondali marini, di giardini, di mare ancora inesplorato: infatti l’uomo ha esplorato ancora una piccola parte dei fondali marini. Sono realizzati con tecnica mista, stucchi, sabbie, resine, pigmenti, polvere d’oro.
I pannelli

Le installazioni artistiche sono corredate da 10 pannelli scritti grazie al supporto dei biologi dell’Area Marina del WWF di Miramare.
“La plastica può e deve essere utilizzata in modo consapevole. Tutti noi possiamo essere parte attiva del cambiamento: ricordiamoci che possiamo essere tanti ambasciatori del mare, perché il nostro comportamento è fondamentale. Il mare parte da noi, dalle nostre abitudini quotidiane, e tante piccole gocce insieme possono formare un grande oceano.“