Valentino
Ostermann
Valentino Ostermann e Gemona del Friuli agli albori della scienza del folclore
Il motivo principale per cui Valentino Ostermann viene ricordato sono proprio i suoi studi di folclore: la volontà di raccogliere e di mettere per iscritto gli usi e i costumi, le leggende tramandate solo oralmente e i modi di vivere del popolo friulano.
I personaggi palpitanti di vita che popolano le leggende da lui raccolte, restano impressi in modo indelebile. La mole poderosa dei suoi scritti rivela la passione per le tradizioni popolari e la cultura della sua terra.
Lo studio e la raccolta delle tradizioni popolari friulane
Erano gli anni dell’Italia post unitaria, in cui la ricerca etnografica cominciava a delinearsi.
Non è un caso che lo stesso anno, il 1894, videro la luce il lavoro più importante di Ostermann, La vita in Friuli, e la Bibliografia delle tradizioni popolari italiane del grande etnografo palermitano Giuseppe Pitrè, suo estimatore e maestro.
Proverbi friulani, Villotte friulane e La vita in Friuli: le principali pubblicazioni di Ostermann raccolte con passione dalla voce del popolo.
I testi fondamentali, scritti nell’arco di quasi un ventennio e tramandati sino a noi, sono tre:
Valentino Ostermann fu soprattutto uomo di un momento storico nel quale si stava delineando la ricerca delle tradizioni popolari attraverso il metodo della raccolta da fonti orali e con l’utilizzo delle fonti d’archivio.
Una curiosità: per la stesura del libro La vita in Friuli, Ostermann usò, tra vari documenti, anche i regesti dei verbali del sant’Uffizio di Udine per cercare di dare profondità storica alle notizie raccolte.
![Copertina libro Proverbi Friulani di Valentino Ostermann](https://visitgemona.com/wp-content/uploads/2022/01/gemona_personaggi_proverbi-friulani-709x1024.jpg)
Il folclore friulano nella lingua friulana dell’Ottocento
Valentino Ostermann fece una operazione importantissima anche dal punto di vista antropologico: raccolse e raccontò il folclore del Friuli Venezia Giulia attraverso leggende e proverbi popolari, delineando i personaggi e attraverso la sua lingua madre, il friulano, che anche grazie a lui si mantenne viva.
Sembra quasi di vederlo davanti a noi, questo uomo dai lunghi baffi spioventi come dettava la moda di allora, che con fare placido e paziente si china davanti a chi ha storie da raccontare: annota, riporta, e trascrive storie e superstizioni, rigorosamente in lingua friulana ottocentesca. Un mondo vario e “altro” fino ad allora tramandato da padre in figlio, solo oralmente.
La leiende dal cjistiel di Glemone
Une volte al jere un om che al leve ator cu la crassigne e une gnot di istât al rivà a Glemone.Non veve un crût di fâ cjantâ un vuarp e no savint dulà lâ a durmî si distirà su lis bancjis sot dal palaç.
Co jere miezegnot al sint une vôs che lu clame; si svee e plen di pôre al domande: “Cui è?”
Non aveva un soldo bucato e non sapendo dove dormire si distese sulle panche sotto la loggia del palazzo comunale.
A mezzanotte sentì una voce che lo chiamava; si svegliò e spaventato chiese: “Chi è?”